La diagnosi di natura delle lesioni orali sospette


diagnosi cancro orale
diagnosi cancro orale

La diagnosi di natura delle lesioni orali sospette

Di Silvio Abati e Alessandra Lissoni, Università Vita-Salute San Raffaele – Milano

Che cos’è il cancro orale

Il cancro orale è una malattia nella maggior parte dei casi letale, se non individuata e curata in fasi precoci; il ruolo dell’odontoiatra e dell’igienista dentale sono fondamentali nella prevenzione della malattia e nella sua intercettazione iniziale.

Nelle fasi iniziali il cancro orale spesso non provoca sintomi: talvolta invece si manifesta con una area di bruciore o dolore persistente. Le lesioni locali possono essere diverse: macchie bianche o rosse, zone di crescita patologica o ulcerazioni persistenti. Nelle fasi avanzate l’infiltrazione dei tessuti circostanti provoca dolore e difficoltà nei movimenti di masticazione e deglutizione o alterazioni nella fonazione. Più frequentemente il cancro orale è localizzato ai bordi laterali della lingua e al pavimento orale, sedi meno frequenti sono i trigoni retromolari, la gengiva, la mucosa geniena e il palato.

Una lesione o una alterazione comunque patologica delle mucose orali che non guarisce spontaneamente entro due settimane deve essere considerata potenzialmente maligna fino alla dimostrazione della natura istopatologica. Questo concetto costituisce la base della cosiddetta “regola dei 14 giorni” o “two weeks rule” che viene raccomandata nelle linee guida e citate nelle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità e altri enti e associazioni del settore: in tutti i casi in cui non si osserva la regressione spontanea delle lesioni entro 2 settimane, è necessario procedere all’accertamento di natura della malattia.

Come si diagnostica il cancro orale

Nella pratica clinica, il test di accertamento diagnostico che si rende più frequentemente necessario è l’esame istopatologico della lesione (biopsia escissionale) o di un frammento della lesione (biopsia incisionale) dopo prelievo bioptico chirurgico, che consente lo studio istologico dei tessuti patologici da parte dell’anatomopatologo.

Nel caso in cui siano evidenti segni locali di malignità, non è opportuno attendere ulteriormente per procedere alla pianificazione e/o esecuzione dell’accertamento diagnostico bioptico; devono considerarsi segni di malignità la persistenza da oltre due mesi e la crescita rapida, il colorito variegato con eritroplasia, l’ulcerazione, l’indurimento, la fissità ai tessuti profondi e il sanguinamento a seguito di trauma lieve.

L’impiego di metodi ausiliari per l’identificazione delle lesioni a rischio pretumorali o tumorali consente di migliorare l’individuazione di zone e lesioni della mucosa orale da sorvegliare, da inviare allo specialista o in cui effettuare il prelievo bioptico.

Tra questi uno dei metodi più recenti è la rivelazione dell’autofluorescenza tissutale (OFI). Le alterazioni displastiche e neoplastiche delle mucose orali provocano la diminuzione o la scomparsa dell’immagine fluorescente del tessuto normale visibile dopo eccitazione con luce blu-viola, ottenuta con l’ausilio, ad esempio, di una lampada fotopolimerizzante. Le zone di lesione della mucosa appaiono così scure e bel delineate (figure 1 e 2) nel contesto dell’immagine dei tessuti orali che emettono la luce fluorescente verde intenso.  È possibile quindi procedere con il prelievo bioptico in una porzione significativa della lesione.

La biopsia dei tessuti orali

Per biopsia si intende la rimozione di tessuto vivente a scopo diagnostico. Nel cavo orale, il prelievo bioptico viene eseguito ambulatorialmente in modo relativamente semplice disponendo di: anestetico locale e relative siringhe con ago sottile, un bisturi con lama BP15, una pinza per tessuti anatomica, una pinza chirurgica, forbici e portaaghi, solitamente del tipo microchirurgico (ad es: Castroviejo), filo da sutura 4-0 o 5-0.

L’analgesia viene ottenuta con l’anestesia loco-regionale o, più frequentemente, infiltrando in più punti piccole quantità di anestetico intorno e al di sotto della lesione, avendo cura di non passare con l’ago attraverso la stessa per evitare l’eventuale trasporto profondo di cellule neoplastiche e di non infiltrare direttamente il tessuto malato, per evitare artefatti. Il tessuto da prelevare può essere trattenuto con le pinze atraumatiche o caricandolo con il filo da sutura.

Il prelievo deve comprendere una parte del tessuto sano circostante alla lesione; l’incisione, solitamente di forma losangica, deve giungere a sufficiente profondità nel connettivo, in modo da permettere lo studio della lamina propria, poiché possono essere diagnostiche le alterazioni che in essa si sviluppano. In caso di lesione sospetta maligna, è opportuno non procedere alla sutura, se non per favorire l’insufficiente emostasi.

Dopo l’intervento, in una settimana circa la ferita operatoria sarà guarita, di norma senza complicanze locali algiche o infettive.

L’esecuzione con indicazioni, tecniche e risultati corretti della procedura chirurgica utile per l’esame bioptico delle mucose orali nei differenti casi clinici possibili, può richiedere tuttavia competenze ed esperienza clinica non sempre disponibili nello studio odontoiatrico generalista, per cui si può rendere necessario l’invio allo specialista.

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